Salvador de Bahia
Salvador de Bahia, capitale dello Stato di Bahia con oltre 2 milioni di abitanti, è rinomata per essere la città dalle 365 chiese, una per ogni giorno dell’anno. Questo dato ha però soltanto un valore aneddotico, non essendo né certo né verificabile. Gli amanti della precisione affermano che Salvador conta 76 chiese cattoliche, ma questo numero è notevolmente superiore se si contano anche tutte quelle andate distrutte nel corso del tempo. Due chiese si contendono il primato dell’antichità: la Chiesa della Graça, che venne però ricostruita nel 1770, e la Chiesa della Vitória, edificata nel XVI secolo, ma sottoposta per due volte ad opere di restauro. La più rinomata è la Chiesa di San Francesco, annessa all’omonimo convento.
Lo spirito religioso che anima la città non si manifesta solo nell’arte, ma anche nella varietà di ex-voto e nella celebrazione delle cerimonie, spesso improntate ad una mescolanza di riti cattolici ed africani. In realtà, per oltre 400 anni, il cattolicesimo si è imposto sulle religioni africane, assumendo il ruolo di strumento di controllo sociale a giustificazione delle persecuzioni schiaviste. Ed è proprio da questo incontro tra religioni diverse che è originato l’attuale inestricabile sincretismo tra cristianesimo, occultismo, culti africani (quali la macumba, il candomblé e l’umbanda) e religioni indie. A Salvador i riti pagani vengono celebrati nei terreiros (i templi delle divinità afro-brasiliane), che nella città ammontano a circa 10.000 unità.
A partire dal 1549, anno della sua fondazione da parte dei Portoghesi, Salvador (o Bahia, il nome comunemente attribuitole a causa della sua posizione a ridosso della Baia de Todos os Santos) è stata meta di flussi di schiavi neri e di avventurieri di provenienza europea, tra cui soprattutto italiani, francesi e tedeschi. Dopo essere stata oggetto di un’accanita e lacerante contesa tra Spagnoli e Olandesi, nel settecento la città visse un’autentica rinascita diventando la capitale del Brasile.
Pur avendo ceduto in seguito il titolo a Rio de Janeiro, Salvador ha saputo mantenere la sua fama di città magica, attorno alla quale si sono affannati una moltitudine di studiosi di etnologia e di folklore. Perché il mistero di Salvador è allo stesso tempo trasparente e impenetrabile. Da sempre l’anima della città è la sua gente: questo è un dato di fatto che lo scrittore Jorge Amado, uno dei suoi più rinomati cantori, non dimentica mai di riportare nei suoi romanzi, quali Dona Flor, Gabriella garofano e cannella, Due storie del porto di Bahia, tutti ambientati a Salvador. Nelle sue opere, inoltre, Amado non tralascia di rilevare che oggi la sua Salvador è in gran parte oppressa da “magri e brutti” grattacieli, che ne hanno annullato l’originaria tradizionale divisione in “città alta” e “città bassa”.
Il cuore della vita di Bahia si trova nella zona più antica della città, il quartiere del Pelourinho. Pelourinho letteralmente significa "piccola colonna": quella piccola colonna alla quale un tempo gli schiavi ribelli venivano legati per essere frustati, davanti allo sguardo delle giovani figlie dei grandi proprietari di piantagioni di canna da zucchero. La piazza del Patibolo (largo do Pelourinho) è lastricata da pietre nere, ravvivate da riflessi color rosso sangue nelle giornate più intensamente soleggiate: un’immagine dove, ancora una volta, convivono leggenda e realtà. Sulle strade del quartiere, punto di ritrovo per tutti gli abitanti di Salvador, si affacciano numerosissime chiese, tra cui la Chiesa del Rosario dei Neri (Rosário dos Pretos) e la Chiesa del Paço.
E come non visitare la rampa del mercato? Situata di fronte all'ex Mercado Modelo, centro nevralgico del commercio cittadino, la rampa del mercato è punto di approdo di pescherecci dalle vele variopinte e di navi cariche di frutta tropicale. Vani sono stati i tentativi da parte dell’amministrazione cittadina di abolire il mercato, che ancora oggi continua a brulicare di gente e di bancarelle. Ugualmente brulicante è la rua Chile, una corta passerella fiancheggiata da elegantissimi negozi, dove la gente si ritrova dalle cinque del pomeriggio in avanti. Ricchi, poveri, perdigiorno e signore addobbate a festa si riversano nella rua Chile per incontrarsi, mettersi in mostra, chiacchierare, spettegolare e discutere. A volte anche litigare, anche se i Bahiani non sono certo persone rissose: anzi, sono molto più festaioli che litigiosi. Non per nulla Salvador è celebre in tutto il mondo per le sue feste.
Ogni terzo giovedì di gennaio, gli abitanti di Salvador celebrano una grande processione diretta alla Igreja de Bonfim (Chiesa di Bonfim) ed animata da canti liturgici in lingua latina ed in lingua africana yoruba, nonché da danze, musica e marcette. Giunta a destinazione, la folla si riversa nella chiesa e la ripulisce tutta in omaggio ad Oxala (o Nossa Senhor de Bonfim), massima divinità afro-brasiliana, nonché personificazione del cielo.
L’unica divinità del culto afro-brasiliano ad avere la pelle chiara è Yemanjá, dea del mare e regina delle acque. Non solo, negli ultimi tempi le numerose statue ed effigi che la rappresentano vengono addirittura riprodotte secondo i canoni di bellezza delle star delle telenovelas, con i capelli biondi e gli occhi azzurri. Il culto di questa divinità raggiunge la sua massima espressione nella festa dell’8 febbraio, che ha luogo a Rio Vermelho, dove per un’intera settimana, in mezzo al rullare degli atabaques (percussioni simili alle congas, alte e da suonare con le mani), la folla accorre per portare doni alla dea-regina. Se la dea gradisce i doni offerti e li attira a sé sospingendoli attraverso il moto imprevedibile delle correnti, allora questo è segno di buon auspicio, meritevole di essere salutato con ulteriori danze di fronte al mare ricoperto di fiori.
Si afferma che a Salvador il mese più gioioso dell’anno sia giugno, in cui ricorrono la festa di sant’Antonio (il 13 del mese) e la festa di san Giovanni, una festa popolare che riecheggia le tradizioni rurali. Non solo quella di San Giovanni è la festa delle arance e del granoturco, ma è anche la festa di giovani sognatrici che a mezzanotte cercano di leggere in una bacinella d’acqua il volto del loro futuro marito.